Percorso Direzione

Il percorso “Palazzina della Direzione” si articola all’interno dell’omonimo edificio. Adibito inizialmente ad ospitare gli uffici direzionali della società mineraria e l’abitazione della famiglia Sanna, fu destinato in seguito interamente all’attività amministrativa. Al suo interno è possibile rivivere, grazie a un attento lavoro di ricostruzione degli ambienti originari, i fasti della borghesia ottocentesca e, nei locali del sottotetto, le modeste condizioni di vita della servitù. Imperdibile la visita alla Sala Blu, il cui nome si deve alle decorazioni che ricoprono completamente le pareti e la volta, che è sempre stata il fiore all’occhiello del palazzo, come sala dei ricevimenti prima e come sala riunioni e di rappresentanza poi. Durata 1 ora circa.

STORIA
Progettato ed edificato per volontà di Giovanni Antonio Sanna tra il 1870 e il 1877. Il palazzo della direzione sorge nell’abitato di Gennas, nello spiazzo denominato “spianamento” per i lavori di preparazione alla costruzione che hanno letteralmente spianato il colle originario. La Palazzina della Direzione era il cuore pulsante degli stabilimenti minerari di Montevecchio e secondo l’idea originaria di G.A. Sanna avrebbe dovuto ospitare gli uffici amministrativi, la propria abitazione e una piccola chiesa.
In realtà il Sanna, la cui morte risale al 1875 (due anni prima del completamento dell’opera), non vi abiterà mai.
Inizialmente la palazzina ospitava gli uffici al pianterreno, l’archivio al primo piano, l’abitazione del direttore al secondo, e, nel sottotetto, le abitazioni della servitù.
Negli anni, la Palazzina, perse la funzione abitativa e venne quasi interamente destinata ad ospitare gli uffici. Durante questa operazione di ridestinazione d’uso molte delle pitture murali sono state coperte dall’imbiancatura a calce, e riportate alla luce grazie agli ultimi interventi di recupero.

ARCHITETTURA
Costruito su una pianta rettangolare, l’edificio, di forme classicheggianti e neorinascimentali, si sviluppa su tre piani intorno a un ampio chiostro centrale, sul quale si affaccia, lungo tre lati, un porticato dalle volte a crociera decorate con motivi a grottesca. Alle spalle dell’ingresso principale si trova la piccola chiesa dedicata a Santa Barbara, patrona dei minatori.
Uno scrupoloso lavoro di restauro ha permesso di riportare alla luce i fasti nei quali la famiglia Sanna ha vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Una commistione di stili, dall’Impero al Luigi Filippo, attraverso Liberty e Revival, rispecchia il gusto che, nel tardo Ottocento, caratterizzava l’epoca dell’industrializzazione e la sua nuova classe emergente: una borghesia che mostrava una spiccata volontà di ritorno al passato e, allo stesso tempo, guardava con attenzione al rinnovamento e all’innovazione tecnologica.
È infatti l’epoca del ritorno al classico, ma anche dell’ingresso in scena del nuovo design, a metà strada tra arte e industria.

LA SALA BLU
È la vera protagonista del palazzo: destinata agli incontri ufficiali e ai ricevimenti, deve il suo nome alle decorazioni che ne ricoprono completamente le pareti e la volta.
Vi si trova uno dei numerosi camini dell’appartamento, attorno al quale si sviluppa un ricco salotto di poltrone, divani e specchi dorati che insieme a un maestoso pianoforte a coda decora l’ampia sala, un tempo teatro di feste e serate musicali.
Contrariamente a quanto avvenuto nel resto dell’edificio, trasformato totalmente in sede amministrativa della miniera, la sala è stata mantenuta integra nella sua maestosità come locale dirigenziale e di rappresentanza.

GLI ALLOGGI DELLA SERVITÚ
È sufficiente una rampa di scale per far svanire i fasti borghesi e lasciare spazio, nel sottotetto, ad ambienti più modesti.
Un’ampia cucina, caratterizzata dai numerosi tegami e utensili in rame appesi alle pareti, la piccola stanza da pranzo e le camerette, corredate di arredi semplici e funzionali: erano gli spazi nei quali si muoveva la servitù, che nella Direzione lavorava e dimorava.
Nonostante l’evidente divario tra i due piani, le condizioni di vita della servitù, per quanto modeste, appaiono nettamente migliori rispetto a quelle offerte agli operai della miniera.

GLI OGGETTI SI FANNO STORIA
Frutto della donazione dell’Ing. Giovanni Antonio Castoldi (Pronipote dell’Ing. Alberto Castoldi), nato in Cile, residente a Madrid e funzionario dell’Ente spaziale europeo, la collezione è in realtà una raccolta di oggetti non omogenei appartenuti all’ Ing. Alberto Castoldi e si compone di strumenti di lavoro, oggetti da viaggio, fotografie, quadri e disegni.
Nel loro complesso però rappresentano una testimonianza importante per la storia di Montevecchio in quanto la gran parte degli strumenti di lavoro sono stati utilizzati dallo stesso Castoldi nel periodo degli studi in Germania prima di diventare direttore della Miniera nel 1877, altri (come le tessere del deputato Castoldi) testimoniano il suo impegno politico, altri ancora sono gli oggetti di uso quotidiano (dai set da viaggio agli album fotografici) che rimandano alla quotidianità della vita del Direttore della miniera (i suoi viaggi, le relazioni sociali). La mostra è inserita all’interno del percorso di visita del palazzo della Direzione.